Il diametro del cielo è dunque presso a poco equivalente a quello della Terra. Per i contemporanei di Omero e di Esiodo tale diametro non poteva superar molto 1200 miglia, quanti corrono dal Fasi di Colchide al centro della Trinacria: tali essendo allora press'a poco i limiti della geografia degli Elleni verso levante e verso ponente. Esiodo poi nella Teogonia ci determina in modo curioso l'idea che si aveva allora dell'altezza del cielo, affermando, che una incudine impiegherebbe nove giorni e nove notti a discendere dal sommo della vôlta celeste alla Terra, ed altrettanto tempo a percorrere, cadendo, l'intervallo che va dalla superficie della Terra al fondo del Tartaro.
4. Onde spiegare plausibilmente i fenomeni della rivoluzione diurna degli astri, i filosofi dell'Ionia isolarono la Terra dalla vôlta celeste, prolungando questa sotto l'orizzonte per formare una sfera intiera. Questa arditissima idea, congiunta colla rapida estensione delle cognizioni geografiche, dovette allontanare sempre più i limiti dell'universo nel pensiero di que' primi speculatori. Così si dice, sebbene con poca certezza, che Anassimandro supponesse il Sole eguale alla Terra; ed Anassagora si trovò condotto a giudicare che il Sole dovesse essere largo almeno quanto il Peloponneso, per poterci ancora, a tanta distanza, mostrare quel diametro che in esso si scorge. Egli è facile dedurre da questo quale fosse l'idea che Anassagora si faceva della distanza del Sole. Infatti, affinchè il Peloponneso apparisse all'occhio nostro non più largo di quello che a noi sembra essere il disco solare, converrebbe allontanarlo a circa sedicimila miglia.
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