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      24. Cleomede, forse in ciò seguendo Posidonio, ammette che l'universo sia immenso, e poco meno che infinito. Nel suo libro dichiara non impossibile che esistano delle stelle maggiori del Sole; ed afferma, che se il Sole fosse alla distanza di quelle, non apparirebbe di loro più grande. La Terra non sarebbe che un punto, veduta alla distanza del Sole: veduta dalle stelle, sarebbe tutt'affatto impercettibile. Cicerone, nel sogno di Scipione, fa delle riflessioni analoghe, ma alquanto più modeste; egli si contenta di affermare che i globi delle stelle vincono facilmente la grandezza della Terra. Adunque i lavori dei geometri e le speculazioni dei filosofi aveano portato l'intelletto umano assai presso alla verità. E pur tuttavia, in questo medesimo periodo di tempo Lucrezio sosteneva, dietro Epicuro, che il Sole e la Luna non sono più larghi di quanto appaiono alla nostra vista.
      Nec nimio Solis maior rota, nec minor ardor
      Esse potest, nostris quam sensibus esse videtur.
      De Rer. Nat. V. 563.
      Lunaque, sive notho fertur loca lumine lustrans,
      Sive suam proprio iactat de corpore lucem,
      Quidquid id est, nihilo fertur maiore figura,
      Quam nostris oculis quam cernimus, esse videtur.
      Ib. V. 574.
      Già l'antico Eraclito, detto l'Oscuro (- 500), aveva opinato che il Sole non è più grande di quanto appare, e che il suo diametro si può estimare a circa un piede.
      25. Verso quest'epoca (cioè al cominciare dell'èra cristiana), o non molto prima, è probabile che fosse scritto un libro d'astrologia, celebre presso gli antichi sotto i supposti nomi degli egiziani Petosiri e Necepso.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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