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      XXI).
      Platone dunque dichiara anche nell'Epinomide, che gli uomini, i quali poco intendono delle cose celesti, credono alla rivoluzione diurna del cielo. Se egli si esprime secondo questo sistema, è per adattarsi alla comune intelligenza. Ecco quello che Aristotele senza dubbio aveva in mente, quando scrisse il suo celebre passo sulla rotazione della Terra. Che propriamente Platone intendesse pel moto diurno il moto rotatorio, o piuttosto il moto intorno al fuoco centrale secondo Filolao, è quanto i luoghi citati non permettono di decidere: essi si posso spiegare egualmente bene nell'una e nell'altra ipotesi. Ma l'autorità di Teofrasto, che sopra citammo, sembra far pendere la bilancia per quest'ultima alternativa; l'opinione del moto rotatorio può esser stata qualche tempo nella mente di Platone, e può anche esser stata da lui comunicata ad altri; perchè poco dopo essa è menzionata da Aristotele, ed eretta in sistema da Eraclide Pontico e da altri Pitagorici.
      Il signor Ghruppe, il quale per il primo ha compreso l'importanza del passo del libro VII delle Leggi, ne ha voluto inferire che Platone fosse giunto finalmente al sistema del Sole centrale, percorrendo così colla sua intelligenza poderosa tutto l'intervallo che separa i filosofi ioni da Copernico. Per farsi strada a questa deduzione, egli incomincia ad interpretare il luogo celebre del Timeo nel senso della rotazione, come Aristotele. Passando quindi ad esaminare il luogo di Plutarco, dove si attesta che Platone divenuto vecchio riserbava il luogo centrale ad una cosa più degna che la Terra, conclude, che questa cosa più degna debba essere il Sole e non il fuoco centrale di Filolao, perchè l'ipotesi del fuoco centrale è un regresso rispetto a quella della Terra centrale rotante.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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