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      IV. - ARISTARCO E SELEUCO.
      Pare che Eraclide Pontico, siccome accennano le testimonianze addotte, limitasse a Venere ed a Mercurio la circolazione intorno al Sole, e sembra che ritenesse la Terra come centro del movimento dei pianeti superiori. Non dovette esser difficile a lui o ad altri accertarsi, che in questa maniera era sciolto per Venere e per Mercurio il problema più grave e più difficile che occupasse gli astronomi di quel tempo, quello che aveva molto anche esercitato la mente di Platone, cioè il problema delle stazioni e delle retrogradazioni. Eudosso aveva prima d'ogni altro tentato di sciogliere questo problema per mezzo di combinazioni ingegnose ed eleganti di sfere omocentriche moventisi le une dentro delle altre: ma ciò gli era riuscito bene soltanto per Giove e per Saturno. Gli sforzi di Callippo avevano fino ad un certo punto assoggettato a questa teoria anche i movimenti di Marte e di Mercurio; ma per Venere fallì interamente lo scopo. Tuttavia questa dottrina, per la sua bellezza e simmetria, aveva attratto a sè la mente d'Aristotele, colle cui idee fisiche essa collimava perfettamente; e dallo Stagirita fu divulgata e nella scuola e cogli scritti, in opposizione alle idee dei Pitagorici, delle quali era deciso avversario. Ai partigiani delle idee pitagoriche era dunque opportuno tentare di sciogliere dietro i propri principi quel problema, di cui l'ipotesi d'Eraclide Pontico dava a primo tratto la soluzione compiuta, pel caso appunto in cui le sfere omocentriche insegnate da Aristotele nel Liceo erano affatto impotenti.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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