Archimede dunque comincia col dire, che questa infinità non può essere: poi accomoda la supposizione d'Aristarco ad un senso più conveniente al suo bisogno, e dice: "È palese ciò esser impossibile, perchè il centro della sfera, non avendo alcuna grandezza, non può avere, colla superficie della sfera, alcun rapporto. Quindi bisogna credere che Aristarco intendesse la cosa come segue. Siccome noi immaginiamo la Terra esser nel centro del mondo; il medesimo rapporto che la Terra ha a ciò che noi chiamiamo mondo, sarà il rapporto del circolo in cui supponiamo girare la Terra, alla sfera delle stelle fisse: con la qual supposizione concordano i fenomeni. Ma sopratutto è chiarissimo, che quella sfera, per la quale fa aggirarsi la Terra, è da lui supposta uguale a quella che più sopra noi abbiamo chiamato mondo". (Doc. XLI).
L'interpretazione di Archimede è qui intieramente arbitraria, e coniata apposta pel suo bisogno. Col dire, che il circolo descritto dalla Terra ha alla sfera stellata la ragione del centro alla circonferenza, Aristarco esprimeva l'immensa grandezza della sfera stellata usando un'espressione comunissima a quei tempi. La medesima espressione si trova adoperata, per indicare che la Terra è piccolissima in confronto della sfera celeste, da Euclide nella prima proposizione dei suoi Fenomeni, da Tolomeo, da Cleomede, da Cremino e da altri612. Lo stesso Aristarco suppone che la Terra sia un punto in paragone colla sfera della Luna613: e certo lo assume come espressione soltanto approssimativa, per indicare una grande sproporzione di dimensioni.
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