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      VI. - CONCLUSIONE.
      Noi siam giunti al termine del cammino che ci eravamo proposti di percorrere ed abbiam passato in rassegna tutto ciò che gli antichi ci hanno tramandato intorno al moto della Terra. Purtroppo non si tratta spesso che di pochi frammenti, fra i quali non è sempre facile scoprire la connessione logica. Tuttavia essi bastano perchè in generale si possa comprendere come hanno avuto luogo i progressi delle ricerche su questo argomento. Anzitutto ci imbattiamo nel movimento diurno della Terra qual necessaria e natural conseguenza delle vedute della scuola pitagorica sopra la sede e la natura del principio animatore dell'universo; un completo sistema fondato su queste basi fu immaginato da Filolao. Sembra che, poco dopo Filolao, Platone abbia adottato le stesse idee e che negli ultimi suoi anni abbia molto meditato sul moto della Terra, senza giungere tuttavia (a quel che pare) ad un sistema definitivo. Mentre poi Eudosso ed Aristotele, discepolo di Platone, ribellandosi a tale concezione, creavano il sistema del Sole omocentrico alla Terra immobile, Eraclide Pontico, anch'egli discepolo di Platone, ma ancor più dei Pitagorici, segnò due progressi essenziali verso il vero sistema del mondo, insegnando al tempo stesso la rotazione della Terra intorno al proprio asse e la rivoluzione di Mercurio e di Venere intorno al Sole quale centro. Intanto nasce nella scuola pitagorica il sistema dei circoli eccentrici mobili, il quale per una via facile e naturale conduce allo schema che noi chiamiamo ticonico; e fondandosi su questo, un ignoto contemporaneo di Eraclide Pontico nota che le ineguaglianze dei pianeti prodotte dal Sole non si spiegano soltanto col far circolare tutti i pianeti intorno al Sole e il Sole intorno alla Terra, ma anche collo scambiar le parti del Sole e della Terra, col porre cioè quest'ultima nel numero dei pianeti.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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