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      Così è pienamente raggiunta l'idea di Copernico, che più tardi venne adottata da Aristarco di Samo e da Seleuco caldeo.
      Come dunque è accaduto che gli astronomi greci posteriori ad Aristarco, che Apollonio di Perga, Eratostone e sopratutto, il grande Ipparco e dopo di lui Tolomeo non fecero alcun conto di questi mirabili progressi, e a fondamento dei loro calcoli mantennero sempre ostinatamente l'ipotesi della Terra immobile al centro delle orbite planetarie e dell'universo? A questa domanda si può rispondere quando si tenga presente quanto abbiamo più volte ripetuto più sopra circa il modo diverso con cui a quei tempi le apparenze cosmiche venivano studiate dagli astronomi e dai fisici627. Gli astronomi, che miravano semplicemente a rappresentare i fenomeni mediante ipotesi geometriche, con piena ragione erano persuasi che la scelta della vera ipotesi non potesse esser determinata per via di semplici considerazioni geometriche, ma che ad essa occorresse il soccorso della fisica. Disgraziatamente la fisica di allora era incapace di porgere in tale questione un aiuto di qualche valore; perciò ebbe il sopravvento l'ipotesi geometrica che allora fu sanzionata dall'opinione delle scuole dominanti. Questa ipotesi, dopo l'introduzione degli epicicli, rappresentava i fenomeni tanto bene quanto qualsivoglia altra e permetteva l'uso agevole e diretto del calcolo trigonometrico. La facilità e la relativa sicurezza con cui in essa si potevano calcolare le posizioni apparenti delle stelle, sopratutto l'importanza delle opere su di essa basate, e la possibilità di soddisfare con essa ai bisogni purtroppo sempre crescenti dell'astrologia, presto fecero dimenticare le speculazioni dei Pitagorici, di Platone, di Eraclide e di Aristarco, le quali dai loro autori non erano state sviluppate al punto che se ne potessero dedurre le conseguenze anche sul terreno dell'astronomia pratica.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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