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      Su questi ed altri abusi nell'analisi e nell'interpretazione dei testi biblici ha scritto severe e giuste riflessioni il Professore F. SCERBO nel suo libro intitolato: II Vecchio Testamento e la critica odierna, Firenze, 1902. Nel medesimo senso CASTELLI, Storia degli Israeliti, pagina LVII e LVIII dell'introduzione. - Il risultato di tali eccessi č stato di creare intorno a questi studi un'atmosfera di dubbio e di diffidenza, estremamente nociva alla causa della veritą.
      115 Non propriamente nelle parti conservate dell'Avesta, ma nel trattato Bundekesch, la cui materia si crede derivata da libri perduti dell'Avesta stesso, cioč dal Dāmdād Nask e fors'anche dal Nādar Nask, il quarto ed il quinto dei 21 libri onde l'Avesta originariamente era composto (vedi WEST, Pahlavi Texts, Vol. IV, pp. 14, 414, 421, 434, 445, 465).
      116 Se possiamo accettare la derivazione che il GESENIO propone dalla radice schamah, che si conserva in arabico col significato altus fuit ed anche apparens. conspicuus fuit. (GESEN. Thes. p. 1433: nomen habet coelum ab elatione et altitudine).
      117 Secondo il GESENIO tehom deriva dalla radice hum, che ha il significato di perturbazione, moto violento, strepito; onde sarebbe stato applicato questo nome al mare ed anche a qualsivoglia gran massa d'acqua. E veramente gli scrittori biblici usano con frequenza tehom nel primo senso, pił raramente nel secondo. Ciņ corrisponde bene all'analogia recentemente notata coll'assiro tiamtu, mare: v. SCHHADER, Die Keilinschriften und das Alte Testament, 2Ŗ edizione 1883, pag.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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