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      Nel primo libro della sua Introduzione ai fenomeni d’Arato, Ipparco cita il seguente passo del Commentario, che, verso il principio del secondo secolo prima di Cristo, Attalo Rodio aveva scritto sul poema Arateo: «Gli Astronomi sogliono dare ai tropici, all’equatore ed all’eclittica una certa larghezza; e dicono, la conversione del Sole non farsi sempre nel medesimo circolo, ma ora più a settentrione, ora più a mezzodì. Il che conferma Eudosso colle seguenti parole, che si leggono nell’Enoptro: «sembra che il Sole anch’egli mostri qualche differenza nei luoghi delle sue conversioni, ma molto meno manifesta, ed affatto piccola»51. Noi avevamo già appreso da Aristotele, che nella mente d’Eudosso le digressioni del Sole in latitudine erano minori che quelle della Luna; la frase precedente tratta dall’Enoptro mostra, che esse erano da lui ritenute come piccolissime, e come appena sensibili all’osservazione. Le espressioni comparative contenute in questa frase si riferiscono senza dubbio alla Luna, di cui Eudosso aveva ragionato prima. Quale fosse veramente l’inclinazione, che all’orbe solare Eudosso attribuiva, non è più possibile indagare; nulla del pari si può sapere intorno al periodo delle rivoluzioni dei nodi dell’orbe solare sull’eclittica52, e della posizione che a questi nodi si attribuiva in un dato tempo.
      Fra gli astronomi, dei quali Attalo dice, che ammettevano la nutazione dell’orbe solare, noi possiamo mettere in prima linea Callippo, il quale, come vedremo, attribuì al corso del Sole anche una sfera, per spiegare il moto in latitudine.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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