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      Evidentemente questa notizia del compilatore africano, passando di penna in penna, divenne corrotta ed inintelligibile. Il senso primitivo era forse questo: che il Sole non si scosta mai in modo sensibile dall’eclittica, e che soltanto nella Libra (e nell’Ariete per conseguenza) la sua latitudine arriva a mezzo grado. Con questa interpretazione noi acquistiamo la notizia, che i nodi dell’orbita solare si supponevano, dagli autori primitivi di questi dati, coincidere coi punti solstiziali, e le massime digressioni del Sole in latitudine coi punti equinoziali64. E tal congettura acquista vie maggior peso dal fatto, che una indicazione interamente parallela a quella di Marziano Capella, e nondimeno procedente da fonte diversa, si trova in un trattato latino: De Mundi coelestis terrestrisque constitutione, il quale va stampato fra le opere del venerabile Beda, e viene a lui attribuito, sebbene l’epoca della sua composizione sia, per indizi manifesti, posteriore a Carlo Magno65. In questo scritto si legge: Sol duas medias (zodiaci partes) servat, nec illas, nisi in Libra, excedit66. Si ha dunque qui una escursione di due gradi in latitudine, come quella a cui accenna Plinio; anche le escursioni degli altri pianeti, accennate in quell’opuscolo, coincidono meglio con quelle date da Plinio, che con quelle degli altri autori67. Pur tuttavia in questa tradizione, che è diversa da quella seguita da Marziano Capella, si colloca nella Libra la massima digressione del Sole dall’eclittica, come fa Marziano.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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