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      Così stando le cose, è inutile discutere su questi numeri, essendo perfino impossibile di sapere da essi se Eudosso conosceva la relazione fondamentale che è noto esistere fra l’anno solare, la rivoluzione zodiacale di un pianeta, e la rivoluzione sinodica del medesimo. Senza dunque occuparci altro del grado di approssimazione di quei numeri, passeremo ad esaminare quali sono le conseguenze che derivano dall’applicarli al meccanismo fondamentale sviluppato nell’articolo precedente, e quali ne sono i risultati per le teorie dei singoli pianeti, cominciando da
      1. SATURNO. Da quanto si è detto sui fondamenti delle teorie planetarie di Eudosso si vedrà, che per completarne gli elementi basterebbe assegnare per ciascun pianeta il valore dell’inclinazione dell’asse della quarta sfera sull’asse della terza; infatti, con questo solo dato si determinano completamente tutte le misure dell’ippopeda, e con questa il moto sinodico del pianeta e l’ineguaglianza solare e il moto in latitudine è totalmente definito. Sventuratamente Simplicio non dà il valore dell’inclinazione nè per Saturno, nè per gli altri pianeti, ma semplicemente indica che questa inclinazione è diversa nei diversi pianeti (V. App. II, § 5). Su questo punto siamo dunque ridotti a semplici congetture. Siccome però è certo, che Eudosso nello stabilire il suo meccanismo ha avuto principalmente in vista, almeno per Saturno, per Giove e per Marte, il problema delle retrogradazioni, così non crediamo di andar troppo lontano dal vero nel supporre, che egli abbia regolato quelle inclinazioni in modo da ottenere per ciascuno dei tre pianeti accennati, un’ippopeda capace di produrre retrogradazioni di ampiezza uguale agli archi di retrogradazione osservati.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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