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      A questa conclusione mi conducono alcune parole di Archimede nell’Arenario, alle quali non sembra che finora siasi prestata molta attenzione. «La maggior parte degli astronomi, dic’egli, suole chiamare mondo una sfera, di cui il centro è il centro della Terra, e il raggio è uguale alla retta condotta fra il centro del Sole e il centro della Terra»124. Questi astronomi, secondo i quali il Sole era ai confini del mondo, non potevano certamente essere nè i Pitagorici coi loro eccentri mobili, nè Apollonio co’ suoi epicicli, nè infine Aristarco. Ma potevano essere appunto i fautori delle sfere d’Eudosso e di Callippo. Perchè Eudosso aveva notizia soltanto delle distanze della Luna e del Sole, e sapeva che questo era circa nove volte più lontano di quella. Rispetto alle distanze degli altri pianeti (che generalmente in quel tempo da tutti erano collocati sopra il Sole), nulla vi era di determinato, ed è probabilissimo che, per non supporre intervalli inutili, dei quali non si vedeva alcuno scopo, le sfere motrici di quelli si supponessero vicinissime o coincidenti fra loro, poste sopra il Sole a piccolissima distanza, e vicinissime pure alla sfera limite del mondo, cioè a quella delle stelle fisse, dalle quali i cinque pianeti non si distinguevano che per la varietà dei movimenti. Nè il grado di universalità, che Archimede attribuisce all’opinione da lui riferita, ad alcuna altra opinione meglio si attaglia, che a quella delle sfere, in un’epoca, in cui le scuole peripatetiche erano in grandissimo onore.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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