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      Dopo queste bisogna aggiungere una settima sfera, che controvolga la seconda e giri con essa intorno ai poli dell’eclittica in egual tempo, e distrugga la velocità che è propria alla seconda, e dalla seconda è comunicata alle sfere inferiori (perchè la seconda movendosi colla sfera delle fisse, comunicava anche la velocità alle sfere inferiori dall’orto all’occaso). Così dunque (la settima) si moverà al modo delle fisse, ma non avrà tuttavia la medesima posizione che la sfera delle fisse, rivolgendosi intorno a poli diversi da oriente in occidente154. Sotto questa rimane da immaginarne un’ottava, la quale sarà la prima di Giove, rettamente osservando Sosigene, che non è vero, che l’ultima delle tre reagenti (di Crono) sia la prima delle sfere di Giove, come credettero alcuni, i quali dissero, che l’ultima delle sfere distruggenti i moti superiori è la prima delle sfere portanti l’astro immediatamente inferiore, e che la settima sia quella che noi diciamo ottava, e la prima delle sfere di Giove155. Onde loro bisogna numerare due volte la medesima sfera, per salvare il numero di quelle poste da Aristotele. È infatti necessario, che per ciascun astro il numero delle sfere restituenti sia d’una unità minore di quello delle deferenti; quindi per Crono e per Giove, che hanno quattro deferenti, tre saranno le restituenti per ciascuno; per gli altri quattro, Ares, Afrodite, Ermes e Sole, che hanno cinque deferenti, le restituenti saranno quattro. Da Crono e da Giove abbiamo dunque due volte tre restituenti, quattro volte quattro da Ares, Afrodite, Ermes e Sole: tutte insieme sono perciò ventidue.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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