Fra tali questioni ancora capaci di ulteriore dilucidazione, nessuna sembra più importante di quella segnata in fronte al presente scritto: e nessuna mi pare più degna di essere esaminata colla maggior cura possibile. Noi vediamo infatti in Atene, intorno all’anno 330, Aristotele con Callippo e Polemarco ancora affaticarsi per adattare le sfere omocentriche di Eudosso alle proprie teorie fisiche dell’universo. Cinquanta o sessantanni dopo, Aristarco di Samo proclama al mondo, come ipotesi probabile, il sistema astronomico che poi fu detto di Copernico! Quale fu la rapida evoluzione d’idee, che produsse in tempo così breve così straordinario risultato? Ma vi ha di più. Il grandioso concetto non trova terreno adatto a mettere profonde radici; e quasi subito dopo annunziato, scompare. Per quali cause, ed in qual modo è ciò avvenuto? Ecco i quesiti a cui ho voluto cercare una risposta, forse troppo obbedendo alla mia curiosità, e forse non abbastanza tenendo conto della mia insufficiente preparazione filologica.
Venticinque anni fa io ebbi già occasione di trattar brevemente lo stesso argomento nella mia memoria Sui precursori di Copernico nell’antichità. Nell’esporre il progresso che dalle idee di Platone e di Eudosso condusse a quelle di Aristarco e di Seleuco, dovetti allora aiutarmi più con caute congetture, che con uno studio veramente accurato e completo degli elementi della questione. Già però fin d’allora io aveva riconosciuto, che la vera chiave del problema stava nell’ipotesi degli eccentri mobili, in quel tempo affatto negletta dagli storici dell’astronomia, e fui condotto a congetture, che al sistema di Copernico i Greci fossero arrivati passando per quello di Ticone.
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