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      Inoltre, secondo le idee geometriche del tempo, il sistema presentava un difetto d’omogeneità. I circoli descritti da Mercurio e da Venere intorno al Sole erano tutti intieri da una parte della Terra, mentre quelli descritti da Marte, Giove e Saturno comprendevano questa nel loro interno. Il moto nell’eccentro, contato dall’apogeo secondo l’uso generale di tutti gli antichi astronomi, si faceva intorno al Sole secondo l’ordine diretto dei segni per Mercurio e per Venere, secondo l’ordine inverso dei segni per Marte, Giove e Saturno. Tutte queste difficoltà non esistono per noi, che sogliamo riferire i movimenti zodiacali non all’apogeo mobile, ma al principio d’Ariete, cioè ad un’origine fissa, rispetto a cui tutti i movimenti medi riescon diretti; e che troveremmo naturale di considerare i circoletti di Mercurio e di Venere come una specie particolare di eccentri mobili per cui il raggio è minore dell’eccentricità, mentre è maggiore di questa per gli eccentri dei pianeti superiori.
      9. MA D’ALTRA PARTE NON POTEVA SFUGGIRE AI MATEMATICI LA FACILITÀ E LA RELATIVA PRECISIONE CON CUI QUELLE IPOTESI RAPPRESENTAVANO GEOMETRICAMENTE L’ANOMALIA PRINCIPALE DEI MOTI PLANETARI E DAVANO CONTO DELLE STAZIONI E DELLE RETROGRADAZIONI. TRATTAVASI DI CONSERVARE QUESTI LORO EFFETTI, USANDO DI COSTRUZIONI GEOMETRICHE ANALOGHE SÌ, MA DI CARATTERE MENO RIGIDO E PIÙ FACILMENTE ADATTABILE AI PLACITI DELLE SCUOLE DOMINANTI ED ALLE ESIGENZE DELL’ASTROLOGIA. ORA DUE ERANO LE COMBINAZIONI GEOMETRICHE, A CUI IL SISTEMA DOVEVA IL SUO CARATTERE PROPRIO O LA SUA CONCORDANZA COI FENOMENI: L’EPICICLO, E L’ECCENTRO MOBILE.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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