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      34. Assai meno facile è trattare l’altro aspetto della questione, determinare cioè chi per primo abbia osato supporre nei corpi celesti uno o più movimenti circolari uniformi intorno a centri ideali, vuoti di materia, e privi di ogni fisica entità; riducendo così l’eccentro e l’epiciclo a pure forme d’ipotesi geometrica, prive d’ogni base naturale. Un tal modo astratto di considerazione non ha potuto sorgere che nella mente dei matematici. I quali, spaventati forse dalle conseguenze, che dal concetto fisico dell’eccentrico e dell’epiciclo centrati sul Sole si potevano agevolmente dedurre (anzi erano state già dedotte ancora vivendo Eraclide Pontico), vollero far vedere, che coi medesimi eccentrici e coi medesimi epicicli era possibile salvare i fenomeni, senza togliere alla Terra la dignità di essere centro alle circolazioni di tutto l’universo. Essi adunque dimostrarono potersi rappresentare i movimenti di tutti i pianeti, compresi il Sole e la Luna, nell’ipotesi dell’epiciclo mosso su di un deferente concentrico alla Terra, e non esser punto necessario assegnare al Sole quella posizione così eccezionale nel mondo che da Eraclide e dagli inventori del sistema ticonico si supponeva. Mostrarono altresì, che l’ipotesi dell’eccentrico si adattava soltanto ai pianeti superiori; e da ciò trassero motivo di respingerla. Così fu stabilito il trionfo dell’ipotesi epiciclica nella sua prima forma, qual’è esposta da Apollonio di Perga e da Adrasto Afrodisiense.
      QUALI SIANO STATI QUESTI MATEMATICI, E QUANDO ABBIA AVUTO LUOGO UNA TALE EVOLUZIONE D’IDEE, NON È FACILE DIRE. AI TEMPI D’APOLLONIO, CIOÈ UN SECOLO DOPO ARISTOTELE, ESSA ERA GIÀ COMPIUTA. IN QUESTO INTERVALLO CADE LA MASSIMA FIORITURA DELLA GEOMETRIA DEI GRECI. A QUALE DEI GEOMETRI ILLUSTRI CHE VISSERO ALLORA, SI POSSA ATTRIBUIRE LA FORMA ASTRATTA ASSUNTA IN SEGUITO DALLE DUE IPOTESI DEGLI ECCENTRI E DEGLI EPICICLI, NON SI PUÒ CONGETTURARE IN MODO PLAUSIBILE, ATTESA LA TOTALE MANCANZA DI DOCUMENTI. SECONDO ALCUNI SI POTREBBE FARNE AUTORE APOLLONIO MEDESIMO; MA È UNA SUPPOSIZIONE E NULLA PIÙ.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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