Il discorso di Gemino si aggira intorno al diverso ufficio, che le speculazioni fisiche da una parte, e le ricerche matematiche dall’altra, hanno nello studio della Natura. Secondo Gemino (il quale probabilmente qui rispecchia idee di Posidonio), «appartiene alla teoria fisica il ricercare l’essenza, la potenza, la qualità, la generazione e la corruttibilità del cielo e degli astri tutti. Invece l’astronomia non si occupa di queste cose, ma specialmente ricerca le figure, le grandezze e le distanze della Terra, della Luna, del Sole; le eclissi e le congiunzioni dei corpi celesti, le qualità e le quantità dei loro movimenti; per le quali investigazioni le occorre l’aiuto dell’aritmetica e della geometria. Ma sebbene il fisico e l’astronomo abbian comuni molti oggetti di ricerca (per esempio la grandezza del Sole e la sfericità della Terra), non seguono però la medesima via... Quello infatti dimostra principalmente le cause e le potenze efficienti; questo, incapace di sollevarsi alla contemplazione dell’essenza delle cose, si limita a dimostrarne le circostanze esteriori». — Gemino prende quindi l’esempio dell’anomalia nel moto del Sole, della Luna e dei pianeti; e dice: «che col rappresentarla per mezzo di eccentrici o di epicicli (che è il problema dell’astronomo) non è ancora fatto tutto; ma rimane il problema del fisico; di scegliere cioè, fra le ipotesi capaci di spiegare i movimenti, quella che si accorda colla dottrina fisica del mondo. Quindi, essere indifferente all’astronomo di sapere ciò che è fisso e ciò che si muove; esser per lui plausibile ogni ipotesi che rappresenti bene le apparenze, fosse anche quella indicata da Eraclide Pontico, secondo cui l’anomalia dei pianeti rispetto al Sole può essere spiegata col moto della Terra intorno al Sole supposto fisso.
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