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      Né di queste variazioni, nè delle anomalie del corso zodiacale di Marte, Eudosso aveva potuto dare una spiegazione anche soltanto approssimata. L’esame delle osservazioni di questo pianeta fece vedere, che se esso descriveva un circolo, questo non poteva esser centrato sulla Terra, ma doveva aver il centro in qualche punto della linea che dalla Terra passa per il Sole. Esclusa l’idea (che dovette allora sembrare, ed era infatti assurda) di far centro dell’orbe di Marte un punto ideale privo d’ogni fisica entità, si vide che questo centro non poteva essere altrove che nel Sole, come già nel Sole era il centro delle orbite di Mercurio e di Venere. Così nacque il pensiero di far muovere l’astro su di un eccentro mobile, di cui il centro, collocato costantemente nel Sole, descriveva con questo intorno alla Terra una rivoluzione nello spazio di un anno.
      IV. - L’ipotesi dell’eccentro mobile studiata nei suoi effetti, mostrò di corrisponder bene alle osservazioni non solo di Marte, ma anche di Giove e di Saturno. Anche a questi fu dato il Sole per centro dei movimenti. Così mentre i matematici si applicavano a perfezionare il sistema d’Eudosso, dai fisici fu per la prima volta concepita l’idea di porre il centro comune delle orbite dei cinque pianeti minori nel Sole, la Terra rimanendo centro dell’universo, della rivoluzione mensile della Luna, e della rivoluzione annua del Sole stesso; e si arrivò allo schema oggi detto di Ticone. Eraclide Pontico vi aggiunse di proprio la rotazione della Terra intorno al suo asse.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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