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      V. - Da questa fase delle deduzioni era ovvio arrivare all’idea copernicana, attribuendo la quiete al Sole ed ai centri delle orbite planetarie, e la circolazione annua alla Terra. Tale passo definitivo si compiè ancora durante la vita di Eraclide Pontico, il quale ce ne ha conservato memoria; e forse fu compiuto da Eraclide stesso. — Ma per ragioni che ora non siamo più in grado di apprezzare, Eraclide non adottò questo modo di vedere; e lo considerò soltanto come un’ipotesi teoretica, capace di dare una spiegazione sufficiente delle anomalie planetarie, ed equivalente a quella, che si poteva dedurre dalla sua ipotesi propria.
      VI. - Ad Aristarco di Samo si deve il vanto, non solo di aver riconosciuto l’eccellenza del concetto copernicano, ma ancora di averlo adottato come ipotesi sua propria; e di averne pubblicata la spiegazione e le dimostrazioni in iscritti espressamente consacrati a questo argomento. Anch’egli, come Eraclide, ha dovuto esser condotto al sistema eliocentrico del mondo dalla necessità di porre nel centro delle orbite celesti, non già punti ideali e vuoti d’ogni entità fisica (come si fece più tardi), ma i corpi allora considerati come i più importanti dell’universo, quali la Terra (centro alla rivoluzione della Luna), ed il Sole (centro alla rivoluzione della Terra e dei cinque pianeti). Le orbite da lui adottate erano tutte circoli concentrici al Sole, punto centrale dell’universo; ad eccezione di un solo epiciclo, descritto dalla Luna intorno alla Terra e con essa aggirantesi di moto annuo intorno al Sole.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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