Da questo passo si scorge con quanta libertà di mente i Greci consideravano il problema dei moti celesti. Essi giunsero a comprendere che in sostanza si tratta di una questione di semplice moto relativo; seppero arrivare alla conclusione che la geometria sola non bastava a decidere fra le diverse forme possibili sotto cui si poteva presentare il sistema delle orbite planetarie; e videro che bisognava ricorrere alla fìsica. Per molti secoli tale criterio andò poi perduto, e fu riacquistato soltanto ai tempi di Ticone; la decisione però allora si volle riservata non alla fisica, ma alla Bibbia e allo Spirito Santo.
Di questa opinione non è Paolo Mansion, il quale nel fasc. IX delle Abhandlungen zur Geschichte der Mathematik ha scritto una Note sur le caractère gèométrique de l’ancienne astronomie per provare che «depuis deux mille ans il y a une tradition de plus en plus claire tendant a ètablir cette proposition fondamentale: Pour qu’une théorie scientifique (quantitative) de l’Univers soit satisfaisante, il suffit qu’elle rende compte des phénomènes au point de vue purement géométrique ou cinématique». Io credo che basti leggere alcuni capitoli del De Coelo di Aristotele e dell’Almagesto per convincersi che ciò non è vero. Gli antichi aspiravano a distinguere ciò che è fisso da ciò che si muove, ed avevan capito che a questo la geometria non basta.
XII.
RUBRA CANICULACONSIDERAZIONI SULLA MUTAZIONE
DI COLORE CHE SI DICE AVVENUTA IN SIRIO
Dagli Atti della Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Agiati di Rovereto, Serie III, Vol.
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