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      Se dobbiamo credere a Plinio350 Democrito sarebbe anche stato il primo a stabilire regole meteorologiche circa gl’influssi della Luna secondo le sue fasi; le quali poi, tradotte in bei versi da Arato e da Virgilio sopravvissero tanti secoli, e ancora oggi sotto tante forme hanno conservato qualche fautore. Che nell’opinione popolare del suo tempo egli fosse grande intenditore dei fenomeni meteorologici risulta dalla novella che di lui si narra, aver egli salvato la messe di suo fratello Damaso predicendogli una furiosa pioggia, della quale poche ore prima nessuno aveva veduto il minimo indizio351.
      VI. METONE, EUTEMONE, EUDOSSO, FILIPPO E CALLIPPO.
      Nessuno dei sistemi proposti per il grande anno lunisolare ha raggiunto la fama di quello, che oggi ancora sotto la denominazione di Numero Aureo è usato nei calcoli del calendario ecclesiastico. Questo ciclo352, che ragguaglia con notabile precisione 19 anni solari con 235 lune, fu inventato in Atene e pubblicato ai tempi di Pericle dal celebre Metone (470-410) figlio di Pausania, nativo di Leuconoe borgo dell’Attica; onde talvolta è detto anche Ateniese. Dall’astronomo Faino, già più sopra nominato, aveva appreso il modo di determinare l’epoca dei solstizi, e si applicò egli stesso ad analoghe osservazioni; dalle quali, comparate con quelle del suo maestro, determinò in giorni 365 5/l9 la durata dell’anno solare con esattezza notevolmente maggiore che quella dei suoi predecessori, benchè l’errore sia ancora di circa mezz’ora in più. Combinandola con quella della rivoluzione sinodica dalla Luna, trovò di poter rappresentare 19 di tali anni con 235 lunazioni, riconducendo così i due astri allo stesso punto dopo 6940 giorni353. Egli costituì pertanto un ciclo di questa durata, distribuendolo ririspetto alla Luna in 110 mesi cavi e 125 pieni, in modo che ad ogni mese corrispondesse sempre con sufficiente esattezza una lunazione effettiva; e rispetto al Sole in 12 anni comuni (di 12 mesi) e in 7 anni intercalari (di 13 mesi) cosi avvicendati, da ottenere che il principio d’ogni anno si discostasse non più di tre settimane dal momento del solstizio estivo.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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