Ho dunque creduto che potesse esser gradita all’Istituto una breve esposizione delle cose principali contenute in questo libro.
Alcuno potrà dubitare che molto interesse possa trovarsi nella storia della più semplice e della più elementare fra le applicazioni delle matematiche, qual è la misura dei terreni; e non potrà credere che molta luce sia per scaturire dallo studio degli agrimensori romani. Eccellenti, pratici e valorosi ingegneri erano questi senza dubbio, e il suolo della nostra penisola porta ancora impresse evidenti e profonde tracce dei loro vastissimi lavori di divisione agraria365. Ma nei frammenti dei loro scritti, che alla meglio ordinati costituiscono la collezione intitolata Gromatici veteres, e della cui restituzione si resero benemeriti specialmente Lachmann, Blume, Rudorff e Mommsen366, nè lo storico delle lettere latine, nè quello delle matematiche avean finora trovato materia molto degna della loro considerazione. Eppure questo fango cela le sue pagliuzze d’oro, le quali possono guidare con sicurezza alla fonte primitiva da cui gli agrimensori hanno derivato le loro pratiche, per lo più senza intenderne il fondamento teoretico, anzi talora corrompendo ciò che non intendevano. Io dico anzi, che col tramandarci le loro regole empiriche, e qualche volta affatto false, gli agrimensori hanno reso a noi maggior servizio di quello che avrebbero fatto coll’adottare nei loro scritti la geometria più accurata d’Euclide o d’Archimede. La verità matematica infatti è una sola, e il trovarla in più luoghi e in più tempi diversi, spesso non indica altro se non che la logica geometrica è da per tutto la stessa.
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