Fra gli scritti dei gromatici, il più interessante per la storia delle matematiche fu ommesso nella collezione berlinese degli agrimensori romani, forse in conseguenza del punto di vista quasi esclusivamente giuridico ed archeologico, serbato dagli editori nel pubblicare quella raccolta. Lo scritto porta per nomi d’autori Aprofodito e Betrubo Rufo (Epafrodito e Vitruvio Rufo?). Cantor ne pubblica qui il testo, per la prima volta riproducendolo in forma intelligibile e nella sua integrità colla scorta di un antico manoscritto del VI o VII secolo, detto il Codice Arceriano, il quale stette fino alla fine del XV secolo nel monastero celebre di Bobbio, e dopo vari casi e mutazioni di proprietari ora si trova a Wolfenbüttel. Lo studio di questo difficile scritto ha fatto riconoscere all’autore che la sua origine risale agli scritti portanti il nome di Erone; ed ha fatto vedere che in esso si nasconde un documento finora affatto trascurato dell’algebra dei Greci. Già si è indicato, come nel papiro Rhind si trovino indizi dell’algebra di primo grado, e come negli scritti attribuiti ad Erone siano risolute questioni dipendenti da equazioni complete di 2.° grado, risolute, dico, non già con costruzioni di riga e di compasso, al modo dei greci geometri, ma colle stesse regole di calcolo che stanno simbolicamente compendiate nella formola notissima spiegata nei nostri libri d’algebra. Nel corrotto documento, di cui qui si discorre, si trovano (non già in termini generali, ma esemplificate numericamente): 1.° la formola per calcolare un numero poligonale, dato il lato; 2.° la formola inversa, per calcolare il lato, dato il numero poligonale; 3.° una formola elegante (e secondo Cantor, nuova) per trovare i numeri piramidali, dato il lato e il numero degli angoli; 4.° una formola per sommare le progressioni dei cubi dei numeri naturali.
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