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      La prima di tali questioni non esce fuori dai limiti di quanto già si conosceva sull’aritmetica dei Greci. La seconda implica la risoluzione algebrica di un’equazione di secondo grado. La terza suppone conosciuta la formola per la sommazione dei quadrati dei numeri naturali, ciò che non si trova in alcun altro autore greco d’aritmetica. Egualmente ignota ai matematici greci si supponeva finora la quarta formola, cioè, la regola per la sommazione dei cubi, di cui la prima indicazione credevasi esistere presso l’astronomo indiano Brahmagupta. Ecco dunque che Diofanto non appare più come un fenomeno isolato nella storia dell’algebra dei Greci. Esistettero prima di lui e forse anche dopo di lui altri algebristi, ed altri studiosi della dottrina dei numeri, uno dei quali molto probabilmente fu Erone Alessandrino. Da lui forse, o da altro ignoto, procedono le regole conservate nel codice di Wolfenbüttel sotto mentito nome e in forma appena riconoscibile. E questo mi pare il più importante dei fatti messi in luce dalle ricerche del nostro autore. Dalla stessa fonte onde emanò la scienza dei supposti Epafrodito e Vitruvio Rufo, derivò pure una parte della geometria di Boezio371. In questa geometria, e presso uno dei gromatici372, troviamo risorta (e forse non era mai stata intieramente perduta) la regola del papiro Rhind pel calcolo dell’area del triangolo, e la formula del tempio di Edfu pel calcolo dei quadrilateri irregolari; e questi stessi procedimenti si trovano pure in una collezione di problemi attribuita ad Alcuino.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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