Dopo aver rapidamente indicato quel poco che si sa o si congettura intorno alle idee cosmografiche dei Babilonesi, degli Egiziani, degli Ebrei e dei Greci dell’età omerica, egli passa in rassegna le opinioni professate intorno alla struttura dell’universo dai più antichi filosofi greci. In queste opinioni all’interpretazione mitica già si trova surrogata una interpretazione fisica e meccanica; ed in alcuna di esse poi si manifesta chiaramente la tendenza a ridurre e coordinare i fenomeni più salienti del mondo fisico ad un unico principio. Tali sono le curiose costruzioni di Anassimandro, le quali (per quanto si pu? intendere dalle imperfette notizie che ne abbiamo) sembrano concepite nell’intento di ridurre il moto diurno e il moto annuo del Sole ad un unico meccanismo, e ad un almeccanismo il moto diurno ed il moto mensile della Luna. Sembra che Anassimandro avesse qualche idea della convessità della Terra, ed è certo che fu il a considerarla come un corpo di dimensioni finite, isolato nello spazio da tutte le parti. Nella scuola di Pitagora a ’idea si aggiunse quella di sferica, che Parmenide pare fosse il primo ad enunciare per iscritto. Questi due concetti, dell’isolamento della Terra nello spazio dai corpi celesti e della sua forma rotondeggiante, sono da considerare come scoperte di primo ordine: soltanto col prenderli per è stato possibile ai Greci di costruire un’astronomia teoretica, al che nessun altro popolo dell’antichità ha saputo arrivare. Gli stessi Babilonesi, che pure furono così diligenti osservatori e così abili calcolatori, non giunsero mai ad una vera teoria, ma sempre dovettero limitarsi a formular regole puramente empiriche per calcolare il moto apparente dei corpi celesti, senza mai aspirare a rendersi conto del loro moto reale.
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