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      Naturalmente noi abbiamo nulla da opporre alle ragioni filologiche, sulle quali si fonda codesto giudizio. Crediamo però di avere con fatti dimostrato ch’esso non sussiste. Le coincidenze fra la geometria greca e l’indiana sono troppo numerose, perchè si possa pensare a due sviluppi affatto indipendenti. Noi dovremmo ammettere una certa connessione storica quand’anche fosse dimostrata la totale indipendenza nelle scienze affini. Ciò posto, non resta che una questione: se la geometria indiana abbia accolto in sè qualche parte essenziale della greca, o la greca dell’indiana: e su questo non possiamo aver il minimo dubbio.
      Già al principio delle nostre ricerche geometriche abbiam riconosciuto, che ragioni d’indole generale parlano in favore d’un influsso dell’occidente sull’oriente. Abbiamo poi dimostrato, che quelle particolarità, nelle quali una comunicazione si rende manifesta, sono in ogni caso molto antiche nella Grecia e nell’Egitto, mentre la loro data nell’India è affatto incerta. Noi speriamo che il concorso di queste ragioni basterà a render manifesta la verità della nostra opinione che riassumiamo nelle proposizioni seguenti:
      La matematica indiana e la greca (specialmente alessandrina) non si sono sviluppate in modo intieramente indipendente. Quanto ora ne sappiamo ci dà ragione di pensare, che gl’Indiani siano stati maestri dei Greci nelle cose di aritmetica e di algebra: che in ogni caso essi sono stati discepoli dei Greci nelle cose d’astrologia, d’astronomia e di geometria.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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