Per loro merito oggi ne è dato di leggere gli scritti degli antichi matematici e degli antichi astronomi in quella miglior forma che è ancora possibile ottenere.
Insomma la storia dell’astronomia è attualmente quasi in ogni parte ben diversa da quella che Bailly e Delambre, e sul loro esempio anche gli autori posteriori, ci hanno presentato. L’opportunità di ripigliare questo tema facendo tesoro di tutte le indagini moderne è dunque evidente. Meno opportuno sembrerà invece che si accinga a tal difficile impresa un’astronomo, che tutta la sua vita passò fra le osservazioni ed i calcoli, ed a cui mancò la possibilità di acquistare nella misura necessaria tutto quel capitale di cognizioni che solo può render sicura l’indagine critica delle antichità orientali; uno che dovrà parlare degli Egiziani senza nulla conoscere dei caratteri geroglifici, dei Babilonesi senza saper leggere i cuneiformi, degli Indiani senza poter comprendere i libri sanscriti, e così via. La mia scusa (se pure una scusa è possibile) sta in questo: che sinora non si è trovato un uomo capace di dominare simultaneamente tutte quelle lingue e quelle letterature al punto da poter giudicare con proprio od indipendente giudizio su tutte le infinite questioni grandi e piccole (spesso purtroppo son questioni filologiche), che ad ogni passo si presentano in questa vasta, difficile ed astrusa materia. E finchè non nasca un tal uomo, la storia dell’antica astronomia non potrà essere che un’ opera di sintesi, per una parte della quale il fondamento sarà da cercare, non nei documenti primitivi, ma negli scrittori che trassero alla luce questi documenti, e con speciale studio ne dedussero risultati certi o almeno probabili; quindi nelle Memorie degli egittologi, degli assiriologi, degli indianisti, dei sinologi ecc.
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