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      Da questo fatto diversi storici della nostra scienza, e fra essi principalmente Delambre, sono stati indotti a credere, che sia press’a poco inutile occuparsi dei tentativi più o meno imperfetti di altri popoli Antichi. Ora è verissimo, che quando si voglia risalire dallo stato presente dell’astronomia alle sue fasi anteriori, una serie di progressi continuati e logicamente fra loro connessi non si può ravvisare che retrocedendo da noi a Copernico, da Copernico a Tolomeo, da Tolomeo a Talete ed Anassimandro; anzi, per le prime nozioni, ad Omero ed Esiodo. Ma qui è da notare che lo sviluppo dell’astronomia greca non si è compiuto senza il concorso delle nazioni vicine dell’Oriente, cioè dei Fenici e degli Egiziani dapprima, poi dei Babilonesi; su che avremo occasione di addurre più che sufficienti prove. Volendo dunque seguire la storia dell’antica scienza dei Greci in tutte le sue ramificazioni ascendenti, sarà necessario introdurre anche quelle antiche nazioni nel nostro quadro storico, indipendentemente dal grande interesse che esse offrono per se sotto il riguardo scientifico.
      I popoli ariani dell’India e dell’Iran e le razze gialle dell’estremo Oriente, per lungo tempo svolsero le loro civiltà in modo autonomo, e assai tardi entrarono nel circolo della storia universale. Essi non ebbero quindi occasione di collaborare al progresso della nostra scienza; e i loro tentativi rimasero isolati ed imperfetti, finché dall’Occidente non venne loro la luce e la spinta ad ulteriori progressi.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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