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      È noto che a ciò i Fenici si servivano della piccola Orsa, la quale anche al loro tempo era abbastanza vicina al polo per dare approssimativamente il punto Nord dell’orizzonte; sebbene nessuna delle sue stelle principali allora coincidesse, neppure per approssimazione col polo stesso44. Tale aiuto poteva essere sufficiente per la navigazione in mari angusti come il Mediterraneo o il Mar Rosso, dove non accadeva tanto spesso di esser costretti a perder di vista la Terra. Ben diversa era la condizione degli isolani della Polinesia, pei quali tutto il mondo geografico consisteva in piccole e non frequenti isole separate per lo più da grandi tratti di mare, così grandi da renderle spesso invisibili l’una all’altra. Qui la navigazione costiera non poteva condur molto lontano; la necessità di avventurarsi in alto mare li obbligò a studiar di buon ora il cielo con maggior diligenza e con maggior frutto forse che tanti altri popoli pervenuti ad un grado più elevato di civiltà e di sapere.
      Gli nomini intelligenti di Tahiti, scrive Bougainville45, «senza essere astronomi come li pretesero le gazzette francesi, hanno una nomenclatura delle costellazioni più notabili, ne conoscono il moto diurno, e se ne servono per dirigere la loro navigazione da una ad un’altra isola. In tal navigazione, talvolta di 300 leghe, perdono affatto di vista la Terra; e la loro bussola consiste, durante il giorno, nel corso del Sole, e durante le notti, nella posizione della stelle, quasi sempre belle fra i tropici». Uno di questi intelligenti Tahitiani fu Tupia. della classe dei Tahova, cioè dei dotti della sua isola.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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