Gemino, che scriveva intorno all’anno — 70, non solo constata nel modo più formale lo spostamento dell’anno degli Egiziani rispetto alle stagioni, ma assegna anche la ragione per cui i sacerdoti ne conservavano religiosamente l’uso. «Gli Egiziani, egli dice118, hanno avuto tutt’altra idea e tutt’altra mira che i Greci; perchè non calcolano i loro anni secondo il Sole, né i loro mesi e giorni secondo la Luna, ma procedono secondo propri principi particolari. Essi vogliono che i sacrifici agli Dei non abbian sempre luogo nella stessa epoca dell’anno, ma che passino attraverso a tutte le stagioni, così che la festa d’estate diventi festa d’autunno, e quella d’inverno festa di primavera. A questo fine essi hanno un anno di 365 giorni, o di dodici mesi di trenta giorni più cinque epagomeni: il quarto di giorno non lo aggiungono a bella posta, perchè le feste abbiano a spostarsi».
Che gli Egiziani facessero uso dell’anno vago anche sotto i Tolomei si può concludere dal citato passo dello scoliaste del poema arateo di Germanico Cesare, dove si narra che il sacerdote d’Iside faceva giurare al re di non introdurre alcuna intercalazione e di seguire l’uso degli antichi. Infatti il re di cui si parla non può essere l’imperatore romano; e secondo tutta probabilità s’intende qui dei re Lagidi, che, come è noto, mostravano molta deferenza pel culto nazionale degli Egiziani.
Una notizia di Gemino, secondo cui la festa d’Iside, nel suo spostarsi coll’anno vago, si era trasferita al solstizio invernale 120 anni prima dell’epoca in cui Gemino stesso scriveva, ci conduce all’anno — 200 circa, se per l’epoca di Gemino ammettiamo l’opinione di Petavio e di Boeckh119, ed all’anno — 250 se seguiamo l’opinione di Brandes120.
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