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      - Entrambe lo categorie di disparizioni, orientale ed occidentale, sono designate col medesimo vocabolo. L’autore delle Effemeridi usa per tal fine invariabilmente il termine itabbal171, forma passiva derivata da tabâlu, toglier via172. Il dire che Venere è tolta via è un modo abbastanza evidente d’indicare la sua sparizione; nella versione qui sopra itabbal è sempre tradotto per è scomparsa. L’autore delle Osservazioni esprime la stessa cosa scrivendo sempre itbal173, che secondo l’uso comune della lingua assira, è forma attiva, e significherebbe toglie via. Una tale interpretazione non sembra probabile. Perciò il Delitzsch è stato condotto a supporre che, nell’uso astronomico almeno, tabâlu fosse usato anche in senso intransitivo174. Questo senso per noi non può esser altro che quello di esser tolto, scomparire: perciò anche itbal è stato tradotto per è scomparsa. E diciamo è scomparsa, non scompare; cioè nel giorno assegnato dell’osservazione non è stata più veduta, e quel giorno è il primo della durata totale dell’intervallo d’invisibilità175.
     
     
      Il modo diverso con cui nelle Effemeridi e nelle Osservazioni si usa il verbo tabâlu, favorisce l’ipotesi che l’autore delle une e l’autore delle altre siano state persone differenti.
      b) Apparizioni. - Per le apparizioni così orientali come occidentali gli scrittori usano promiscuamente gli ideogrammi ŠI e ŠI GAB. Il primo era usato principalmente per esprimere l’idea di vedere in generale; ŠI GAB aveva il significato più circoscritto di vedere con attenzione, cioè di guardare, osservare, spiare176. Perciò nella versione qui sopra l’ideogramma ŠI è stato reso per è veduta.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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