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      A questo fine abbiamo calcolato per ciascuna quel valore dell’arcus visionis che, adottato, produrrebbe in quell’osservazione l’errore zero. Ciò si può ottenere facilmente coi numeri della tavola G. Per ogni osservazione infatti le tre sezioni di essa danno i tre valori dell’errore residuo corrispondenti alle tre ipotesi ? = 5°, ? = 7° ½, ? = 10°: ora si trova che questi valori sono prossimamente equidifferenti; onde concludiamo che essi sono prossimamente funzioni lineari della variabile ?. Sarà dunque facile determinare il valore di ? per cui l’errore è nullo; in altri termini, il valore dell’arcus visionis richiesto da quella particolare osservazione. Se questo valore è assurdo, e rimane tale ancor quando si accresca o si diminuisca di 2 giorni la data assegnata alle osservazioni, diremo che tal data è da respingere, o perchè non realmente osservata, o perchè paleograficamente corrotta, o perchè determinata in circostanze troppo sfavorevoli. Ecco il risultato a cui si perviene esaminando con questi criteri ciascuna delle 17 osservazioni per cui una data si è ancora in qualche modo conservata nella tavoletta originale.
      (3) - Gli errori residui nelle tre ipotesi sono + l2d,80, + 15d,28, + 18d,17. Anche diminuendoli di due giorni, risulta per l’arcus visionis un forte valor negativo. La data assegnata è semplicemente impossibile: essa è stata probabilmente ottenuta sottraendo da quella dell'osservazione (4) l'intervallo di 7 giorni, che secondo l'autore delle Effemeridi è l'intervallo normale dell’occultazione di Venere nella congiunzione inferiore (vedi § 6). Ma considerata la latitudine australe del pianeta, è facile convincersi che questo intervallo sotto la latitudine di Babilonia non ha potuto esser minore di 15 giorni.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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