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      Secondo l’altra questa corrispondenza non sarebbe che il prodotto di un calcolo fatto in epoca posteriore, probabilmente da S. Epifanio medesimo. Noi abbiamo il modo di dimostrare che quest’ultima ipotesi è la vera.
      Abbiam veduto poc’anzi che la corrispondenza delle date ha luogo perfettamente quando si supponga che il computo giuliano sia stato regolarmente applicato fin dal tempo della sua istituzione, o almeno per tutto l’intervallo compreso dall’anno 2 prima di Cristo fino all’anno 28 dopo Cristo. Ma è noto che ciò non ebbe luogo, e che l’applicazione pratica delle regole stabilite da Giulio Cesare per la sua riforma del calendario subì fin da principio una grave irregolarità per l’ignoranza dei Pontefici243; i quali avendo intercalato alcuni bisestili di troppo, fu poi obbligato Augusto a sopprimerne altrettanti. Fra questi sono da considerare per noi gli anni 753 e 757 di Roma (cioè l’anno 1 avanti Cristo e l’anno 4 dopo Cristo) i quali furono da Augusto dichiarati anni comuni, benchè secondo la regola notissima dovessero esser bisestili244. Questi due anni fanno parte dell’intervallo compreso fra le due date di S. Epifanio, il quale comincia col 6 gennaio dell’anno 2 avanti Cristo e termina il dì 8 novembre dell’anno 28 di Cristo. Pertanto il numero dei giorni compresi fra queste due date non fu già 10899, ma soltanto 10897. Le corrispondenze a cui accenna S. Epifanio non hanno avuto storicamente luogo, ma sono il risultato di un calcolo retrospettivo, nel quale non si è tenuto conto dell’errore dei Pontefici e della correzione di Augusto.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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