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      Come si vede, avremmo qui un esempio d’intercalazione quadriennale anteriore alla celebre riforma introdotta da Giulio Cesare l’anno 45 avanti Cristo; cosa per vero dire poco verosimile in un popolo come il cappadoce, che non fu certo uno dei più colti dell’antichità. Ben è vero che alle due epoche riferite l’anno di 365¼ giorni era conosciuto già da lungo tempo: sovr’esso Eudosso Cnidio aveva stabilito il suo ciclo quadriennale per la restituzione dei movimenti solari (360 avanti Cr.), e sovr’esso aveva fondato Callippo Ciziceno (330 avanti Cr.) il suo celebre periodo lunisolare di 76 anni, che poi fu detto periodo callippico. Anche si concede che fosse cosa abbastanza facile il comprendere per via speculativa che coll’aggiungere ogni quarto anno vago un giorno di più, si poteva adattare il computo dei tempi con molta approssimazione al periodo naturale delle stagioni. Sta tuttavia il fatto che di tale nozione nessun uso pratico si trova nell’antichità prima che Giulio Cesare ne desse l’esempio249. Ben considerata ogni cosa, sembra che in Cappadocia, come in Armenia e altrove, il trapasso dall’anno vago a quello con intercalazione quadriennale sia derivata dalla necessità di poter facilmente accordare il calendario nazionale col calendario giuliano, sul quale era fondato non solo il sistema romano degli atti di governo e dei tributi, ma anche il calcolo delle epoche in cui si dovevano celebrare le feste fisse e mobili dei Cristiani. Non è dunque verosimile che questo trapasso abbia avuto luogo in tempi anteriori allo stabilimento dell’Impero: in molti casi esso ha dovuto dipendere dal prevalere del Cristianesimo sui culti antichi, ciò che non potè in alcun luogo avvenire prima di Costantino.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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