Quest’ultimo (che fu teologo, astronomo, comandante di truppe presso Carlo V, e da ultimo professore nell’università d’Ingolstadt) pubblicò nel 1531 sul libro II di Plinio un voluminoso commento295, quasi esclusivamente consacrato alla parte astronomica; dove, oltre alle erudite note del Collimizio e del Vadiano, si trovano amplissime illustrazioni sue proprie sulla materia di cui prendiamo ad occuparci. Il Collimizio ed il Vadiano si contentano per lo più di comparare le affermazioni di Plinio colle corrispondenti dell’Almagesto, dichiarando errate le prime ogni volta che non collimano colle seconde. Molta luce quindi non può scaturire dalle loro pur dottissime note; nondimeno io devo professarmi loro debitore di più osservazioni assai importanti. Lo Ziegler invece, che ha consacrato alla presente materia non meno di settanta pagine del suo grosso volume, ben s’avvide che dalle espressioni avviluppate del naturalista comense tralucevano vestigi evidenti di un antico sistema di astronomia quasi intieramente ignorato da altri scrittori, ma non credette tuttavia che le differenze fra lui e Tolomeo fossero tanto grandi da non poter spiegare le idee dell’uno colle teorie dell’altro296. Questo tuttavia non gli riuscì che in parte: pel resto si trasse d’impaccio ora accusando l’imperfezione dei codici, ora mutando le parole dello scrittore con altre più convenienti al suo intento, e altre discordanze attribuendo alla necessità in cui Plinio si trovava di scrivere in modo piano e popolare.
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