Pertanto egli si contentò di levare le oscurità, per quanto era possibile farlo seguendo le dottrine tolemaiche; ma non si curò di metter in luce quel sistema di antica astronomia, di cui gli elementi sono effettivamente contenuti nel testo pliniano.
NEL 1534 GIACOMO MILICHIO, PROFESSORE DI MATEMATICA ALL’UNIVERSITÀ DI WITTENBERGA, PUBBLICÒ DEL SECONDO LIBRO DI PLINIO UN ELEGANTE E PERSPICUO COMMENTO, CHE FU POI RISTAMPATO MOLTE VOLTE297. SEMBRA CHE EGLI SI PROPONESSE NON TANTO DI COMPRENDERE QUALE IMMAGINE DEI MOTI CELESTI SI FOSSE FATTA NELLA MENTE IL GRANDE NATURALISTA, QUANTO DI DARE AL LETTORE SULLA MATERIA DA QUELLO TRATTATA LE INFORMAZIONI PIÙ CHIARE E SUFFICIENTI CHE SI POSSONO RICAVARE DALL’ALMAGESTO. NÈ TROPPA IMPORTANZA EGLI ATTRIBUISCE ALLE DISCORDANZE CHE SPESSO OCCORRONO FRA IL TESTO PLINIANO ED IL SUO COMMENTO; SE PUÒ DARNE QUALCHE PLAUSIBILE RAGIONE, LO FA; ALTRIMENTI SI CONTENTA DI CONSTATARE IL FATTO.
Un commentario al Libro II di Plinio è stato pubblicato pure nel 1612 dal medico Rodolfo Goclenio, professore all’università di Marburgo298, del quale non ho potuto prendere esatta notizia.
Nella sua grande opera del Nuovo Almagesto Riccioli non ha omesso di riferire quanto in astronomia fu fatto dai suoi predecessori, e Plinio anch’esso è più volte citato, e per lo più severamente giudicato: «multa, credo ex Sosigenis opinione, de quinque his planetis involvit magis quam evolvit... ego puto observationes crassiusculas sui aut praecedentis aevi respexisse»299. Ma il vastissimo piano dell’opera ch’egli aveva per le mani, gl’impediva di discutere a fondo tutte le questioni particolari connesse coll’astronomia pliniana.
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