Vi sarebbero da fare molte osservazioni sul valore, sull’altezza e sulla durata di queste differenti specie di piaceri; noi ne lasciamo la cura al lettore. Ma ciascuno comprenderà che il piacere nostro, motivato costantemente dall’impiego delle nostre proprie forze, come pure la nostra felicità, risultato del frequente rinnovarsi di questo piacere, saranno tanto più grandi quanto più la forza produttrice sarà di nobile specie. Nessuno potrà inoltre negare che il primo posto, sotto questo rapporto, tocchi alla sensibilità il cui predominio deciso stabilisce la distinzione tra l’uomo e le altre specie animali; le due altre forze fisiologiche fondamentali, che esistono presso l’animale nello stesso grado, od in un grado anche più alto che presso l’uomo, non vengono che in seconda linea. Alla sensibilità appartengono le nostre forze intellettuali; ed è per ciò che il suo predominio ci rende atti a gustare i piaceri che hanno sede nell’intelletto, i piaceri dello spirito; piaceri che sono tanto più grandi quanto il predominio della sensibilità è più accentuato(5). L’uomo normale, l’uomo ordinario non può prendere vivo interesse ad una cosa se questa non eccita la sua volontà, se non gli presenta un interesse personale. Ora ogni eccitamento persistente della volontà è, per lo meno, di natura mista, quindi combinato col dolore. I giuochi di carte, occupazione abituale della buona società di ogni paese(6), sono un mezzo per eccitare intenzionalmente la volontà, e ciò mediante interessi tanto minimi che non possono che occasionare dolori momentanei e leggeri, non già dolori permanenti e serî: cosicchè si può considerarli come un semplice solletico della volontà. L’uomo dotato di forze intellettuali predominanti, invece è capace d’interessarsi vivamente alle cose per via dell’intelligenza pura, senza immistione alcuna del volere; ne prova anzi il bisogno.
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