Non è che per un uomo di tal tempra che l’occupazione permanente con sè stesso, coi suoi pensieri e colle sue opere riesce un bisogno irresistibile; per lui la solitudine è la ben venuta, gli agi sono il bene supremo; in quanto al resto egli può farne senza, e quando lo possede esso gli doventa ben di frequente un peso. Di quest’uomo possiamo dire che il suo centro di gravità cade tutto intero dentro di lui. Questo ci spiega nello stesso tempo come succede che tali uomini d’una specie così rara non portano ai loro amici, alla loro famiglia, al bene pubblico, l’interesse intimo ed illimitato di cui molti fra gli altri sono capaci, perocchè alla fin fine essi possono farne a meno possedendo sè stessi. Esiste adunque di più in essi un elemento isolante, la cui azione è tanto più energica in quanto che gli altri uomini non possono soddisfarli pienamente; così essi non saprebbero vedere affatto negli altri degli eguali, ed anzi, sentendo continuamente la dissomiglianza della loro natura in tutto e da per tutto, si abituano adagio adagio ad essere fra gli umani come individui di una specie differente, ed a servirsi, quando le loro riflessioni si portano su di essi, della terza persona plurale in luogo della prima.
Considerato sotto un tal punto di vista l’uomo il più felice sarà dunque colui che la natura ha riccamente dotato dal lato intellettuale, tanto ciò che è in noi ha più importanza di ciò che è al di fuori; questo, vale a dire l’oggettivo, in qualunque modo agisca, non agisce mai se non per l’intermediario dell’altro, vale a dire del soggettivo; l’azione dell’oggettivo è quindi secondaria.
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