Egli è figlio della miseria, non un’intelligenza libera. Così gli ozi riescono ben presto ad essere di peso, poi si fanno tortura per l’uomo ordinario dal momento che egli non può occuparli con mezzi artificiali e fittizi d’ogni specie, coi giuochi, con passatempi, e con bagattelle d’ogni forma. Anzi per questo gli ozi gli procurano anche dei danni, perocchè si è detto con ragione: «difficilis in otio quies» è difficile esser tranquilli nell’ozio. D’altra parte però una intelligenza che oltrepassi di molto la misura normale è parimenti un fenomeno straordinario, quindi contro natura. Tuttavia, quando essa è data, l’uomo che ne è fornito, per trovare la felicità, ha precisamente bisogno di quegli agi che per gli altri sono qualche volta importuni e qualche volta funesti; in quanto a lui, senza agi sarà un Pegaso sotto il giogo; in una parola sarà infelice. Nondimeno se queste due anomalie, l’una esterna e l’altra interna, si trovano riunite, la loro unione produce un caso di suprema felicità, perocchè l’uomo così favorito condurrà allora una vita d’un ordine superiore, la vita d’un essere sottratto alle due sorgenti opposte dei dolori umani; il bisogno e la noia; che egli è del pari sollevato e dalla cura penosa di affaccendarsi per provvedere alla sua esistenza e dall’incapacità di sopportare gli ozi (vale a dire l’esistenza libera propriamente detta); altrimenti un uomo non può scappare da questi due mali se non se per il fatto che essi si neutralizzino e si annullino reciprocamente.
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Pegaso
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