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      Si è nella mia memoria sul Fondamento della morale (§ 22) che ho esposto come la perfezione morale, a sua volta, influisca direttamente sulla felicità: a quest’opera invito il lettore.
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      CAPITOLO III.
      ___Di ciò che si ha.
      Epicuro, il grande maestro di felicità, ha mirabilmente e giudiziosamente diviso i bisogni umani in tre classi. Primo, i bisogni naturali e necessari: quelli che non soddisfatti producono dolore; essi dunque non comprendono che il victus e l’amictus (cibo e vesti). Sono facili da soddisfare. — Secondo, i bisogni naturali, ma non necessari: cioè il bisogno di soddisfazione sessuale, quantunque Epicuro non lo dica nell’opera di Diogene Laerzio (del resto riproduco qui, in generale, tutta questa dottrina leggermente modificata e corretta). Tale bisogno è già più difficile da soddisfare. — Terzo, quelli che non sono nè naturali, nè necessarî: e sarebbero i bisogni del lusso, dell’abbondanza, del fasto e della splendidezza; il loro numero è infinito, e la loro soddisfazione molto difficile (Vedi Diogene Laerzio L. X, c. 27, § 149 e 127; — Cicerone, De fin. I, 13).
      Il limite dei nostri desiderî ragionevoli riferendosi ai beni di fortuna, è difficile, se non impossibile, determinarlo. Perocchè la soddisfazione di ciascuno a tale riguardo si fonda non sopra una quantità assoluta, ma sopra una quantità relativa, vale a dire sul rapporto tra le sue brame e le sue ricchezze; così queste ultime, considerate in sè stesse, sono tanto prive di significato quanto il numeratore di una frazione senza denominatore.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





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