La mancanza di beni a cui un uomo non ha mai sognato d’aspirare, non può affatto privarlo di qualche cosa; ei sarà perfettamente pago senza di essi, mentre un altro che possede cento volte di più si sentirà infelice perchè gli manca il solo oggetto che brama. Ciascuno ha pure, riguardo i beni a cui gli è permesso aspirare, un orizzonte tutto proprio, e le sue pretese non vanno oltre i limiti di quest’orizzonte. Quando un oggetto, collocato entro questi limiti, gli si presenta in modo ch’ei possa esser certo di raggiungerlo, si troverà felice; al contrario si sentirà infelice se, sopravvenendo ostacoli, tale prospettiva gli è tolta. Ciò che è posto al di là non ha alcuna azione su di lui. Si è per questo che la immensa fortuna del ricco non dà molestia al povero, e per questo pure, d’altra parte, che tutte le ricchezze già possedute non consolano il ricco quando è deluso in un’aspirazione. (La ricchezza è come l’acqua salata: più se ne beve, più cresce la sete; lo stesso succede della gloria).
Il fatto che dopo la perdita della ricchezza o dell’agiatezza, appena vinto il primo dolore, il nostro umore abituale non sarà molto diverso da quello che era per lo avanti, si spiega riflettendo che, il fattore del nostro avere essendo stato diminuito dalla sorte, riduciamo subito, da noi stessi, considerevolmente il fattore delle nostre pretese. Ecco dove sta quanto havvi di veramente doloroso in una disgrazia; una volta compiuta questa operazione, il dolore si fa sempre meno sensibile, e finisce collo sparire; la piaga si cicatrizza.
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