Quando si vede invece come quasi tutto ciò che gli uomini cercano durante l’intera loro vita, a prezzo di sforzi incessanti, di mille pericoli e di mille amarezze, ha per iscopo finale di elevarli nell’opinione altrui, perocchè non solo le cariche, i titoli e le onorificenze, ma la ricchezza ancora, o pur anche la scienza(11) e le arti sono, in sostanza, ricercate principalmente a questo fine, quando si vede che il risultato definitivo a cui si tende è di ottenere più rispetto da parte degli altri, tutto ciò non prova, ahimè! se non la grandezza dell’umana follia.
Annettere troppo valore all’opinione altrui è una superstizione universalmente dominante; che essa abbia le sue radici nella nostra stessa natura, o che abbia seguito la nascita della società e della civiltà, egli è certo che esercita in ogni caso sulla nostra condotta un’influenza smisurata ed ostile alla nostra felicità. Possiamo seguire tale influenza dal punto in cui si mostra sotto la forma d’una deferenza ansiosa e servile per il che se ne dirà? fino al punto in cui pianta il pugnale di Virginio in petto alla figlia, oppure in cui trascina l’uomo a sacrificare alla gloria postuma il suo riposo, la sua fortuna, la sua salute e perfino la sua vita. Questo pregiudizio offre, è vero, a chi è chiamato a regnare sugli uomini od, in generale, a dirigerli, una risorsa comodissima; sicchè il precetto d’aver da tenere svegliato o stimolato il sentimento dell’onore occupa il posto principale in ogni ramo dell’arte dell’educazione; ma riguardo alla felicità dell’individuo, ed è questo che qui ci occupa, succede tutt’altra cosa, e noi dobbiamo dunque dissuaderci dall’attribuire un valore troppo alto all’opinione altrui.
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Virginio
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