L’iscrizione «Al merito» sopra una croce è un pleonasmo; ogni decorazione dovrebbe essere «pour le merite, ça va sans dire»(14).
3. L’onore.
La discussione sull’onore sarà molto più difficile e molto più lunga di quella sul grado. Prima di tutto dovremo definirlo. Se a tal uopo dicessi: «L’onore è la coscienza esterna, e la coscienza è l’onore interno», la definizione potrebbe forse piacere a qualcuno, ma avremmo una spiegazione piuttosto brillante che netta e ben fondata. Sicchè direi: «L’onore è, oggettivamente, l’opinione che hanno gli altri del nostro valore, e, soggettivamente, il timore che c’ispira tale opinione.» In quest’ultima qualità esso ha di sovente un’azione molto benefica, quantunque in morale pura niente affatto fondata, sull’uomo d’onore.
La radice e l’origine del sentimento dell’onore e della vergogna, inerente ad ogni uomo che ancora non sia interamente corrotto, ed il motivo dell’alto prezzo attribuito all’onore, saranno messi in mostra colle considerazioni seguenti. L’uomo non può, da sè solo, che assai poca cosa: egli è un Robinson abbandonato; unicamente in società cogli altri è, e può molto. Ei si rende conto di questa condizione fino dall’istante in cui la sua coscienza comincia a svilupparsi un po’, che subito si sveglia in lui il desiderio di esser annoverato come un membro utile della società, capace di concorrere «pro parte virili» all’azione comune, con diritto così di partecipare ai vantaggi della comunità umana. Vi riesce soddisfacendo da prima a ciò che si esige e si aspetta da qualunque uomo in qualunque posizione, e poi a ciò che si esige e si aspetta da lui nella posizione speciale che occupa.
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Robinson
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