Vi hanno pure convenienze sociali che rendono impossibile la formalità esterna del matrimonio, sopratutto nei paesi cattolici ove non è ammesso il divorzio; ma in ogni paese tale ostacolo esiste per i sovrani; a mio avviso, intanto, aver un’amante è da parte loro un’azione molto più morale di un matrimonio morganatico; i figli nati da simili unioni possono levar pretese nel caso in cui la discendenza legittima venisse ad estinguersi, d’onde risulterebbe la possibilità, benchè assai lontana, d’una guerra civile. Di più il matrimonio morganatico, concluso cioè a dispetto di ogni convenienza esterna, è alla fin fine una concessione fatta alle donne ed ai preti, due classi di persone a cui si deve guardarsi, per quanto si può, dal concedere qualche cosa. Consideriamo ancora che ciascuno, nel suo paese, può sposare la donna da lui desiderata; ve n’ha uno solo a cui questo diritto naturale è tolto: questo pover’uomo è il sovrano. La sua mano appartiene al paese; non la si accorda che in vista di una ragione di Stato, vale a dire dell’interesse del paese. E tuttavia questo principe è un uomo che, come gli altri, vorrebbe una volta seguire l’inclinazione del suo cuore. È ingiustizia ed ingratitudine, quanto volgarità borghese, il proibire o il rimproverare al sovrano di vivere colla sua amante, bene inteso però quando ei non le accordi influenza alcuna sugli affari del paese. Dal suo lato pure quest’amante, in rapporto all’onore sessuale, è per così dire una donna eccezionale, fuori della regola comune, ella non si è data che ad un sol uomo, lo ama e ne è amata, ed egli non potrà mai prenderla per moglie.
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