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      Col Cristianesimo i giuochi dei gladiatori furono aboliti, ma al loro posto, e regnando sovrana la religione di Cristo, si istituì il duello, coll’intermedio del giudizio di Dio. Se i primi erano un sacrifizio crudele offerto alla pubblica curiosità, il duello è un sacrifizio non meno crudele al pregiudizio generale, sacrifizio in cui non sono immolati colpevoli, schiavi o prigionieri, ma uomini liberi e nobili.
      Moltissimi tratti che la storia ci ha conservato provano che gli antichi ignoravano assolutamente questo pregiudizio. Quando, per esempio, un capo teutono invitò Mario ad un duello, l’eroe gli fece rispondere che «se era stanco della vita non aveva che da appiccarsi per la gola», proponendogli tuttavia un gladiatore dei più valenti con cui potrebbe combattere a suo piacere (Freinsheim, Supplementi a Tito Livio, 1. LXVIII, c. 12). Leggiamo in Plutarco (Temistocle, 11) che Euribiade, comandante della flotta, in una discussione con Temistocle, avrebbe alzato il bastone per batterlo; non si scorge mica che questi abbia snudata la spada, ma che disse: «Batti, ma ascolta». Quale indegnazione il lettore «uomo di onore» deve provare non trovando menzione in Plutarco che il corpo degli ufficiali ateniesi non abbia immediatamente dichiarato di non voler più servire sotto Temistocle! Perciò uno scrittore francese dei nostri giorni dice con ragione: «Se qualcuno s’immaginasse di dire che Demostene fu un uomo d’onore si riderebbe per compassione..... Neppur Cicerone era uomo d’onore.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





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