Crate, il celebre cinico, avendo ricevuto dal musicista Nicodromo uno schiaffo così forte che il viso gli si era gonfiato con larga echimosi, si attaccò alla fronte una tavoletta coll’iscrizione: Nicodromo fece, ciò che coperse di vergogna il suonatore di flauto che si era lasciato trasportare ad una tale brutalità (Diogene Laerzio, VI, 89) contro un uomo che tutta Atene riveriva al pari d’un Dio Lare (Apulejo, Flor. pag. 126, ediz. Bipont). Abbiamo in argomento una epistola di Diogene di Sinope a Melesippo nella quale, dopo avergli detto d’esser stato battuto da alcuni Ateniesi ubbriachi, aggiunge che di ciò non gli cale (Nota Casaub. ad Diog. Laert., VI, 33). Seneca nel libro De constantia sapientis, dal capitolo X fino alla fine, tratta in dettaglio de contumelia per stabilire che il savio la sprezza. Al capitolo XIV dice: «Ma il saggio percosso da uno schiaffo che farà? Ciò che fece Catone, il quale percosso nel viso non si adirò, non vendicò l’ingiuria e neppure la perdonò, ma negò che gli fosse stata fatta».
«Sta bene, esclamerete, ma erano savî!»
E voi altri, siete pazzi voi altri? — Ve lo accordo.
Noi vediamo dunque che ogni principio d’onore cavalleresco era ignoto agli antichi precisamente perchè consideravano, sotto ogni punto di vista, le cose nel loro aspetto naturale senza prevenzioni e senza lasciarsi raggirare da ciance empie o funeste. Sicchè in uno schiaffo non vedevano altra cosa se non ciò che è in realtà, un piccolo danno fisico, mentre per i moderni esso è una catastrofe ed un tema da tragedia, come per esempio nel Cid di Corneille ed in un dramma tedesco più recente intitolato La forza delle circostanze, ma che dovrebbe piuttosto chiamarsi La forza del pregiudizio.
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