In tal modo, invece della ragione, si era la forza e la destrezza fisica, altramente detta la natura animale, che si erigeva a tribunale, e non era mica ciò che un uomo aveva fatto, ma ciò che gli era accaduto che decideva se egli aveva torto o ragione, precisamente come procede il principio dell’onore cavalleresco oggigiorno in vigore. Se qualcuno conservasse ancora dei dubbi su tale origine del duello e delle sue formalità non avrebbe, per levarseli intieramente, che a leggere l’eccellente opera di J. G. Mellingen, The history of duelling, 1849. Ai nostri giorni ancora, fra le persone che regolano la loro vita su questi precetti, — già si sa che ordinariamente non sono nè le più istruite, nè le più ragionevoli — ve n’ha di quelle per le quali l’esito del duello rappresenta effettivamente la sentenza divina nelle conseguenze che ha portato il combattimento; opinione nata evidentemente da una lunga trasmissione ereditaria e tradizionale.
Fatta astrazione dalla sua origine, il principio dell’onore cavalleresco ha per iscopo immediato di farsi accordare, colla minaccia della forza fisica, le testimonianze esterne di quella stima che si crede troppo difficile, o superfluo d’acquistare realmente. Presso a poco è la stessa cosa come se qualcuno scaldasse colla mano il bulbo d’un termometro e volesse provare, perchè la colonna di mercurio sale, che la sua camera è bene riscaldata. Volendo considerare la cosa più da vicino, eccone il principio: nello stesso modo che l’onore borghese, avendo in vista i rapporti pacifici degli uomini tra loro, consiste nell’opinione che noi meritiamo piena fiducia perchè rispettiamo scrupolosamente i diritti altrui, del pari l’onore cavalleresco consiste nell’opinione che noi siamo da temere perchè decisi a difendere ad oltranza i nostri diritti.
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