Ogni individuo vive ed esiste prima di tutto per suo proprio conto, di conseguenza principalmente in sè e per sè stesso. Quello che un uomo è, non ne importa il come, lo è a bella prima e sopra tutto in sè stesso; se, così considerato, il valore ne è minimo vuol dire che esso è pure minimo considerato in generale. L’immagine invece del nostro essere, quale si riflette nella testa degli altri uomini, è qualche cosa di secondario, di derivato, di eventuale, non riferendosi che molto indirettamente all’originale. Inoltre le teste delle masse sono un locale troppo miserabile perchè la vera felicità vi possa trovare il suo posto. Non vi si può trovare che una felicità chimerica. Quale ibrida società non si vede riunita in questo tempio della gloria universale! Capitani, ministri, ciarlatani, espilatori, ballerini, cantanti, milionarî ed ebrei: precisamente così; i meriti di questa gente sono molto più sinceramente apprezzati, trovano molto maggior sentita stima che non i meriti intellettuali, sopra tutto quelli d’ordine superiore, che non ottengono dalla grande maggioranza che una stima sulla parola. Dal punto di vista eudemonologico la gloria non è che il boccone più raro e più squisito presentato al nostro orgoglio ed alla nostra vanità. Ma si trova una straordinaria soprabbondanza d’orgoglio e di vanità presso la maggior parte degli uomini benchè queste due condizioni sieno dissimulate; e fors’anco le s’incontra in più alto grado presso coloro che possedono, non importa a qual titolo, diritti alla gloria, e che più di sovente devono portare ben a lungo nell’animo la coscienza incerta del loro alto valore, prima d’aver occasione di metterlo alla prova e di farlo poi conoscere; fino allora essi hanno il sentimento di subire una secreta ingiustizia(26). In generale, e come dicemmo in principio del capitolo, il prezzo annesso all’opinione è del tutto sproporzionato e fuor di ragione, a tal punto che Hobbes ha potuto dire in termini molto energici ma giustissimi: «Ogni piacere dell’animo, ogni soddisfazione viene dal poter avere, mettendosi a confronto cogli altri, un’alta opinione di sè stesso.
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Hobbes
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