Ogni piacere consiste nel sopprimere tale impedimento, nel liberarsene, e non può esser quindi che di breve durata.
Ecco dunque ov’è basata l’eccellente regola d’Aristotele or ora citata, d’aver cioè da dirigere la nostra attenzione non sulle gioie e sui divertimenti della vita, ma sui mezzi di sfuggire per quanto è possibile ai mali innumerevoli di cui è seminata. Se questa via non fosse la vera, l’aforismo di Voltaire: «La felicità non è che un sogno e il dolore è reale» sarebbe così falso come è giusto in realtà. Però quando si vuole far il bilancio della propria esistenza dal punto di vista eudemonologico bisogna stabilire le partite non sui piaceri gustati, ma sui mali a cui si potè sottrarsi. Inoltre l’eudemonologia, vale a dire un trattato sulla vita felice, deve cominciare dall’insegnarci che il suo nome stesso è un eufemismo, e che per «vita felice» bisogna intender solo una «vita meno infelice», in poche parole un’esistenza sopportabile. E infatti havvi la vita non perchè se ne goda, ma perchè la si subisca, perchè si soddisfi ai doveri che impone; ciò che indicano molto bene le espressioni: «degere vitam, vitam defungi» in latino; «si scampa così(28)» in italiano; «man muss suchen durchzukommen», «er wird schon durch die Welt kommen» in tedesco, ed altre simili. Sì! è una consolazione per la tarda età l’aver dietro di sè una vita laboriosa. L’uomo più felice è dunque colui che conduce un’esistenza senza dolori troppo forti sia nel morale, sia nel fisico, e non colui che ebbe per sua parte le gioie più vive ed i piaceri più grandi.
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Aristotele Voltaire Welt
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