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      In tali riunioni si deve, con penosa annegazione di sè stessi, abbandonare tre quarti della propria personalità per assomigliarsi agli altri. È vero che in cambio si guadagna tutti costoro, ma quanto più si ha di valore in sè tanto più si scorgerà che il guadagno non copre la perdita e che il contratto finisce a nostro danno, perocchè le persone generalmente sono insolvibili, vale a dire non hanno cosa alcuna nel loro magazzino che possa indennizzarci delle noie, delle fatiche e dei fastidi che esse procurano, e del sacrificio di sè che impongono; d’onde risulta che quasi tutta la società è di tale qualità che chi la baratta colla solitudine fa un affare eccellente. A ciò si aggiunge che la società, allo scopo di supplire alla superiorità vera, vale a dire all’intellettuale, che essa non vuol sopportare e che è rara, ha adottato senza motivo una superiorità falsa, convenzionale, fondata su leggi arbitrarie, una superiorità che si propaga per tradizione fra le classi alte, e che nello stesso tempo si cambia come una parola d’ordine: vogliam dire il bon ton «fashionableness». Tuttavia quando succede che siffatta specie di superiorità entra in collisione colla superiorità genuina, la meschinità di essa non tarda a mostrarsi. Inoltre «quand le bon ton arrive, le bon sens se ritire»(31).
      In tesi generale non si può essere in perfetto unisono che con sè stessi; non si può esserlo coll’amico, non si può esserlo con la donna amata, perchè le differenze dell’individualità e dell’umore producono sempre una dissonanza, sia pur piccolissima.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282